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STORIA

Quattro secoli di volontariato per Certaldo

Le origini dell'Associazione

La storia della Ven. Arciconfraternita di Misericordia di Certaldo è da ricondurre alle origini delle associazioni cristiane di volontariato sorte nel medioevo, quando nel lontano 1244 il domenicano Pietro da Verona fondò a Firenze la Società di Santa Maria, ovvero la Misericordia.

La nascita della Compagnia di Santa Maria a Certaldo data intorno agli anni 1270-1290, quando il popolo accettò questa nuova istituzione e le persone che ne furono preposte alla guida contribuirono in maniera determinante al suo sviluppo.

Primo compito dei confratelli era certo il soccorso agli ammalati e la sepoltura dei morti in povertà, ma presto altri compiti si aggiunsero a questi.

I primi riconoscimenti arrivarono presto. Il 27 marzo 1319, Masina del fu Piccino di Certaldo, vedova di Vivagino, lasciava beni da spendere “alla chiesa della Santa Maria di Certaldo dove ci fosse anche una camera dove dormissero i fratelli (de castro florentino) quando volessero venire a dormire lì”.

Notizie di lasciti non ne abbiamo, ma i rogiti notarili sono una buona fonte per ricavare notizie dell’epoca.
Nel 1371, in un atto compiuto presso il Monastero di S. Felicita in Firenze, Brunellino del fu Bianchini di Certaldo e sua moglie donna Giovanna si offrono oblati; e fra i beni elencati troviamo: “petium terre in Communi Certaldi loco dicto Prato lungo, cui a primo via dicta a Gliene vecchia, a secondo ser Thommasii Ser Ioannis de Gambassi, a tertio via, a quarto societas Sancte Marie de Certaldo in parte, et in parte dicti Ser Thommasii”.

Questa notizia, apparentemente poco attinente con la Compagnia, è importantissima perchè si apprende per la prima volta che la medesima in poco tempo ha già ricevuto dei lasciti in terreni.

Altro lascito importante fu quello di Rustichello Rustichelli di Niccolao da Certaldo, che lasciò alla compagnia di S. Maria per amor di Dio e rimedio dell’anima sua “due pezzi di terra posti nel popolo di S. Iacopo di Certaldo, uno in loco detto valle Lienza ed il Poggio e l’altro in loco detto Al Fossato, ambidue fra i suoi confini, con l’obbligo che li Capitani e Camarlingo pro tempore della detta Compagnia faccino fare ogni anno, a tutte loro spese, nella Canonica di S. Iacopo di Certaldo la festa di S. Maria nel mese di settembre con spesa di lire cinque. Ne fu rogato ser Niccolò di Tura da Castelfiorentino notaro pubblico sotto dì ultimo luglio 1374”.

Si ha conoscenza di un lascito eccellente avvenuto sempre nel 1374, quando messer Giovanni Boccaccio inserisce nel suo testamento questa donazione : “item reliquit Societati Sanctae Mariae de Certaldo libras quinque florenorum parvorum”.

Nel tempo, poi, nell’anno 1474, detta società cambiò nome in quello di “Compagnia della SS. Annunziata” e prevedeva precisi atti di devozione e di culto a cui si dovevano indirizzare i fratelli e le sorelle.

Le opere di misericordia che i fratelli erano tenuti a fare erano quelle prescritte dalla Chiesa, e cioè : 1) Visitare gli infermi; 2)Visitare i carcerati; 3) Seppellire i morti; 4)Ospitare i pellegrini; 5)Conciliare i nemici; ecc.
Nel 1784, Pietro Leopoldo emanava un editto con il quale venivano soppresse tutte le Compagnie della Toscana delle Misericordie, esclusa quella di Firenze, per cui a Certaldo venne fatta l’ultima adunanza e tutto il materiale venne consegnato all’Archivio Storico di Firenze.

Dopo pochi anni, però, la Compagnia riprendeva vita e già nel 1792 risulta esistente un nuovo statuto “…desiderando pertanto di riassumere e proseguire le pedate dei nostri trapassati in sì Santo Esercizio, ci siamo determinati di redigere la sopraddetta Compagnia della Misericordia, in questa nostra cura di San Tommaso posta nel borgo di Certaldo Diocesi fiorentina, secondo però quello che viene descritto dalle veglianti leggi…”.

La Misericordia è quindi ricostituita.

Da allora, alle tradizionali forme caritative si sono aggiunte altre forme di assistenza, fino alle più recenti : la donazione di sangue con i gruppi Fratres, il trattamento di emodialisi, l’emergenza medica, gli interventi per calamità pubbliche in cooperazione con la Protezione Civile mediante la Colonna Mobile sanitaria di primo impiego, gli ambulatori, il servizio di pronto soccorso con mezzi e strutture sempre all’avanguardia, la formazione del personale e dei volontari, la collaborazione con i servizi sociali e con le Istituzioni nelle varie forme richieste, l’accoglienza dei profughi, l’assistenza agli anziani, il banco alimentare, la disponibilità ad intervenire in tutte le situazioni in cui il prossimo ha necessità di intervento.

Oggi la nostra Associazione conta ben 2120 iscritti, con ben 139 volontari del soccorso e dell’assistenza, con 15 mezzi attrezzati, con 553 donatori di sangue.

Alla guida c’è sempre un gruppo di iscritti al sodalizio e volontari eletti a rappresentare il Magistrato con suddivisione dei compiti, sotto la guida spirituale di un correttore, il Parroco di Certaldo, membro di diritto del Consiglio stesso. La responsabilità giuridica è affidata al Governatore coadiuvato da tutto il Magistrato.

Lo spirito di intervento è sempre quello cristiano e dell’anonimato.

Cerimonia della vestizione

Un rito secolare per i nuovi Volontari

Attraverso questo rito i volontari si impegnano sul Vangelo e sullo statuto della Misericordia a servire il prossimo con fedeltà e impegno e nell’ occasione ricevono la Veste Nera (Buffa) simbolo di tutti i valori della nostra associazione.

Indossando la Buffa cerchiamo di riportare il Volontariato, dal centro della scena in cui oggi per molte ragioni, è tentato di stare,al margine, nell’ ombra, nell’anonimato, nella semplicità, nell’ umiltà come è tradizione delle Misericordie, per restituire alle sue opere la forza delle cose semplici e genuine.

È questa una cerimonia che affonda le sue radici nel contesto storico delle Confraternite.

Cosa è la Vestizione?

Dal lontano 1244, anno della fondazione della prima Confraternita, quella di Firenze, quanti milioni di Volontari avranno indossato la storica divisa del volontario di Misericordia? Quanti volontari si saranno nascosti sotto la “buffa” (il cappuccio nero della divisa storica), per non farsi riconoscere dai loro assistiti? E quanti avranno pronunciato il fatidico saluto “che Iddio te ne renda merito” , al termine del loro servizio di carità?

Con questo atto i nuovi volontari entrano a far parte della Confraternita con tutti i diritti sanciti dallo Statuto, acquisiscono il diritto di voto, possono, allo stesso tempo essere eletti nelle cariche dirigenziali della Misericordia, ma cosa più importante diventano “fautori della civiltà dell’amore” (parole di Giovanni Paolo II).

Nei corsi di preparazione alla vestizione di nuovi confratelli, spesso vengono percorse le linee essenziali della “Storia e delle Tradizioni” delle Misericordie, tra le quali la descrizione della Veste, di questo saio che rende tutti simili, di questo simbolo dell’eguaglianza e della modestia per far capire il perché del celarsi dietro “la Buffa”, questa immagine di anonimato, di rifiuto di qualsiasi riconoscimento terreno, ma anche simbolo di grande fede nel “Dio te ne renda merito”, sicuri di trovare ricompensa più grande presso il Padre.

La veste storica dei fratelli della Misericordia, già in uso a Firenze dal 1495, é di colore nero e sostituisce quella rossa in uso dal 1244. Insieme al cambio del colore, proprio nel 1495 fece la comparsa anche la “buffa”, fino ad allora assente.

La “Veste” è composta da: una “Cappa”, un cappuccio detto “Buffa”, un “Cordiglio” ed un Rosario terminante con una Medaglia. Tutti i componenti la veste sono di colore nero, segno di penitenza.

La “Cappa” consiste in una tunica di stoffa di colore nero, lunga fino al collo del piede, abbottonata sul davanti con bottoni anch’essi neri. La semplicità della cappa vuole significare che i Confratelli sono tutti uguali fra loro senza distinzione di origine o di ceto sociale.

La “Buffa” è un cappuccio nero che reca solo due fori all’altezza degli occhi. Il significato della buffa richiama l’anonimato imposto alle Opere di Misericordia compiute dai confratelli che, per questo, nel passato, venivano chiamati “sfacciati”. Oggi la buffa si indossa con la celata alzata o ripiegata sulla fronte.

Il “Cordiglio” è una corda intrecciata, di colore nero, che cinge i fianchi e simboleggia la povertà umana davanti a Dio.

Oggi la veste si usa solo in determinate occasioni rituali.

Certo, a confronto con la società odierna fatta di tecnicismo, di convenzioni, di business, di ricerca dell’avere piuttosto che dell’essere, la “Veste” storica risulta obsoleta. Oggi ci si affida con difficoltà alla Provvidenza, alla Carità, alla Fede che ha retto le Misericordie nei lunghi secoli della propria storia. Occorre, invece, mettere al primo posto la “Carità”, quella vera che non cerca onori terreni ma che deve essere di esempio ai giovani che si affacciano alla vita per dar loro la certezza che nel mondo che li circonda, non tutto è sporco e corrotto e per scoprire che i valori morali di carità e di solidarietà sono più vivi che mai nelle nostre Misericordie.

Facciamo in modo che il mondo della Buffa abbia il sopravvento sul mondo del business, anche se quest’ultimo è molto più attraente del primo e sembra offrire maggiori soddisfazioni.

Il sorriso di un bimbo, di un anziano, di un malato, di uno straniero, di un fratello nel bisogno, al quale abbiamo teso la mano con semplicità e nel rispetto della sua dignità, sarà il preludio meraviglioso a quel merito che Dio ci riserverà.